Non è accettabile che alle motivazioni di uno sciopero, puntuali e precise, si risponda deviando il discorso su altre questioni, come fa la ministra: ci dica se i lavoratori della scuola hanno diritto o no a vedersi rinnovato un contratto fermo da troppi anni. Ci dica se è vero o no che i nostri insegnanti, il personale ATA e gli stessi dirigenti continuano a essere i meno pagati in Europa, portando per intero sulle loro spalle la fatica di far vivere e funzionare ogni giorno la scuola pubblica italiana. Ci dica perché non accetta che i lavoratori pretendano garanzie di obiettività e trasparenza nelle procedure di assegnazione di sede, o si rifiutino di veder trasformata la valorizzazione professionale in un concorso a premi.
Tutte questioni su cui è il ministro, non i sindacati, a rifiutarsi di discutere, di cercare insieme soluzioni ragionevoli, utili davvero alla miglior qualità del servizio e non solo alla tutela di chi lavora. Se poi vuole affrontare il tema del reclutamento, non se la cavi intestandosi il merito di aver bandito un concorso, senza spiegare perché nel frattempo restano senza risposta attese e diritti di migliaia e migliaia di precari. Che non abbiamo creato noi, ma un’insensata politica degli organici che si trascina da anni e che la legge 107 non ha affatto sanato, tant’è vero che abbiamo quest’anno più lavoro precario che in quelli precedenti.
La ministra sappia che la proclamazione di uno sciopero non è mai una decisione che si assume a cuor leggero, perché lo sciopero è un sacrificio prima di tutto per chi lo fa e vi si ricorre sempre come extrema ratio, quando le porte del confronto e del negoziato restano sbarrate. Rifletta su questo, forse si stupirà di meno e capirà un po’ di più le ragioni della scuola e dei suoi lavoratori.
Roma, 28 aprile 2016
Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola
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